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La mente saggia per una speranza collettiva

Siamo allo stremo: l’importante è saperlo. Dopo un anno di informazioni relative alla pandemia e aggiornamenti costanti sul suo avanzamento, non possiamo pretendere di analizzarle in modo sempre lucido. La reazione diventa sempre più istintiva, come guidata dai nostri istinti più animaleschi e protettivi di attacco o di fuga: andiamo quindi a screditare la fonte o a difendere a spada tratta un’idea nella quale ci sentiamo al sicuro. Una volta usciti evolutivamente dalla giungla, sia come habitat sia come miglioramento della struttura cerebrale, la realtà è diventata più complessa e come tale è stata cruciale la possibilità di una interpretazione più accurata della stessa. Sono sempre presenti però alcuni rischi, definiti bias cognitivi (termine che possiamo semplificare con “distorsioni del pensiero”), ovvero errori di interpretazione automatica tipici della mente umana. In questo caso siamo di fronte ad un “pensiero dicotomico”, che elabora la realtà semplificandola in modalità opposte e distintive, senza sfumature intermedie. Questa modalità di pensiero ha il vantaggio di semplificare la realtà, caratteristica funzionale ad alcune attività quotidiane, rischiando però di impedirne una piena comprensione.


Come accadono questi pensieri in relazione alle notizie sulla pandemia? Spesso con le reazioni “a caldo” che portano a conclusioni perentorie che non tengono conto della complessità. Ciò si può verificare in entrambe le direzioni: ad esempio, sia per chi è favorevole al vaccino a tutti i costi, sia invece per chi è contrario a priori. Analogamente quando ci sono dati da interpretare: chi pensa che i vaccini siano inutili per proteggere anche dal contagio né fa una interpretazione distorta sia quanto chi crede che invece lo evitino completamente. In questo caso, ci sono anche percentuali scientifiche a dimostrare che la verità non è né l’una né l’altra: appoggiarsi su un estremo è un bisogno psicologico di semplificare una realtà più complessa.


Una reazione emotiva è tanto più intensa tanto quanto ciò che la crea è prolungato nel tempo: per questo motivo ormai possiamo considerare più che comprensibile che le notizie relative alla pandemia ci colpiscano ancora. Le distorsioni del pensiero accadono, infatti, quando stiamo attraversando una forte emozione. Immaginiamo quando, in un conflitto con un’altra persona (ad esempio, il/la proprio partner), ci troviamo a pensare “non mi capirà mai”: è in parte inevitabile che nascano pensieri simili, è però opportuno considerarli proprio come legati a quel momento specifico e alla relativa emozione e non sicuramente validi in senso generale e assoluto. Probabilmente, infatti, è errato sia che non si sarà mai capiti dal/la partner sia che, invece, succederà magicamente l’opposto al termine del conflitto: una volta gestito l’aspetto emotivo, sarà più probabile riuscire a capire che la realtà può essere gestita in modo più funzionale considerando aspetti intermedi cruciali quali “in quali occasioni potrà capirmi?” o “cosa posso fare io per aumentare le probabilità che mi capisca”.


In psicoterapia si è soliti parlare di “mente saggia” (termine introdotto dalla psicologa statunitense Marsha Linehan) come quella scelta che include sia gli aspetti razionali sia gli aspetti emotivi. Applicando questo concetto alle notizie costantemente in arrivo sulla pandemia, in questo momento soprattutto sulla vaccinazione, possiamo pensare che una vaccinazione di massa non si configuri nella nostra mente come la “scelta giusta”, ma appunto come quella saggia. È chiaro che quando si declina in un comportamento personale, la scelta può diventare davvero dicotomica: prendo il vaccino o lo rifiuto. La strada da prendere a questo bivio è però importante che preveda sia un margine razionale sia uno emotivo, per poter definire bene la rotta: ad esempio, è opportuno sia chiedersi quanto un vaccino è consigliato razionalmente nelle condizioni cliniche specifiche (es. età, patologie, gravidanza) sia quali sono le emozioni personali coinvolte nella scelta. Una scelta saggia prevede di integrare entrambe le prospettive: se non ci sono eccessive controindicazioni per il mio stato attuale, conviene procedere avendo l’accortezza di gestire gli aspetti emotivi, ad esempio manifestando comunque le proprie perplessità per condividerle con qualcuno e mitigarle, oppure cercando informazioni rassicuranti che rendano psicologicamente più facile procedere. L’importanza della diffusione di immagini di altre persone note che lo fanno, come Mattarella o Draghi, può servire proprio a mitigare le paure del singolo verso una speranza collettiva, che è poi l’orizzonte psicologico più specifico della vaccinazione. Viceversa, se l’emozione predomina sulla razionalità e ci spinge a fare il vaccino anche in condizioni di pericolo, è importante integrare la reazione emotiva con le informazioni necessarie per poter agire in modo saggio, in questo caso supportati dalle conoscenze mediche.




In conclusione, è evidente che la pandemia, soprattutto nel suo prolungarsi attuale, è una sfida nuova per le nostre teste, ma riconoscere che i meccanismi mentali coinvolti sono sempre quelli della specie umana permette di avere la certezza di poterli gestire al pari di altre difficoltà più comuni. Nello specifico, riconoscere l’impatto emotivo di ciò che accade, anche appunto di una notizia ricevuta, è la base per poter gestire l’emozione suscitata ed agire o esprimersi al meglio per se stessi. Così come dovremmo diffidare da chi ha un atteggiamento estremo su problemi pratici complessi perché spesso è frutto di uno sbilanciamento emotivo, al tempo stesso prendiamo con le pinze quindi anche noi stessi quando ci percepiamo come troppo estremi: probabilmente stiamo avendo una reazione fortemente emotiva, che va riconosciuta e gestita in modo da evitare che si cristallizzi in una forma di rigidità che può creare sofferenza.

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